La mia disavventura al Floating Piers, ovvero come passare un giorno in viaggio da sola senza tecnologia

Lo scorso mese il Lago d’Iseo è stato il protagonista di un grande evento: l’artista bulgaro Christo lo ha scelto come scenario della sua enorme installazione chiamata Floating Piers, chilometri e chilometri di passarelle galleggianti rivestite di tessuto arancione che ha dato colore a tutto il lago e alle vie di Montisola.

Visitatori sul Floating Piers
E’ d’obbligo una premessa: a me l’arte contemporanea non piace moltissimo, ma quando ho saputo di quest’ opera che univa l’arte al paesaggio ho capito di non poterla perdere.
Mesi prima è iniziata la mia ricerca su dove dormire e cosa vedere in zona, e il giorno della partenza è arrivato in fretta.
Mi sono messa in macchina e ho iniziato a guidare per ben 600 km.
Appena arrivata a destinazione avrei tanto voluto riposarmi, ma la voglia di andare a vedere quest’opera era così forte che mi sono subito rimessa in viaggio.
Finalmente, nel pomeriggio eccomi sul Floating Piers. Ho tolto le scarpe e ho iniziato a galleggiare sull’acqua.
Una sensazione unica, che difficilmente potrò riprovare altrove.
Camminando sulle acque sono arrivata a Montisola per poi arrivare alla piccolissima isola di San Paolo, completamente circondata dalle piattaforme galleggianti.

Floating Piers Isola di San Luca
Intanto scattavo a ripetizione fotografie con la reflex e con lo smartphone, condividevo tutto in diretta sui social, mi collegavo a snapchat e raccontavo come stava andando il viaggio.
Sull’isola di San Paolo c’era un’atmosfera più rilassata, non c’era troppo movimento, la gente si sdraiava a prendere il sole e a riposarsi mentre osservava il magico panorama del Lago di Iseo, sapendo che sotto i loro corpi c’era solo acqua, tanta acqua che li cullava con il loro movimento.
Decido anche io di fermarmi e di godermi il momento.

Floating Piers - Montisola
Mi siedo a qualche metro di distanza dal bordo, poggio la macchina fotografica a fianco a me, prendo subito lo smartphone per condividere su facebook le ultime foto. Mi accorgo che non c’è un filo di connessione. Ma perché? Forse al centro del lago non arriva il segnale? Forse c’è troppa gente e le linee sono intasate? Ma perché gli altri intorno a me sono tutti su Facebook e io no?
Ad un certo punto, mentre ero tutta concentrata a cercare di capire perché non avessi internet, sento delle urla dietro di me. Neanche il tempo di girarmi e sento acqua fresca su tutte le gambe fino alla vita, mi giro, la mia reflex stava galleggiando sulla passerella trascinata dall’onda anomala (in un lago?!).
Momento di panico.
Ho tentato di prendere la macchina con una mano, visto che nell’altra, tenuto ben stretto, c’era lo smartphone, ma non ce l’ho fatta. L’ho presa ma, da seduta, ho perso l’equilibrio e sono cascata di pancia sulla passerella bagnata, facendo ricascare la macchina fotografica nell’acqua. Riesco a prenderla, mi alzo, completamente zuppa fino al collo e corro lontano dall’acqua con in mano la reflex che perdeva acqua da ogni pertugio.
Non dimenticherò mai lo sguardo di una ragazza che mi guardava terrorizzata e compassionevole allo stesso tempo.
Non avevo tempo per pensare, ho tolto la scheda di memoria, la batteria, ho tentato di asciugare la macchina, ma niente, non si è più riaccesa.
Ho iniziato a cercare su Google cosa fare in caso di macchina fotografica bagnata ma non avevo connessione e il telefono era scarico. Attacco la power bank ma non funzionava neanche quella! Eppure ero sicura di averla caricata il giorno prima!
Niente, ero sola, con la macchina fotografica grondante di acqua, senza telefono, in mezzo ad un lago.
Ok, no panic.
Non ho problemi a stare da sola. I social possono aspettare per i miei aggiornamenti. L’unica cosa che mi faceva rodere il fegato era che avrei dovuto spendere fior di quattrini per ricomprare una reflex al mio ritorno e soprattutto il non poter fare foto ricordo per il resto del viaggio.
Così ho deciso di cercare di osservare il più possibile quello che avevo intorno, tentando di non portare a casa foto-ricordi, ma ricordi e basta.
Così ho iniziato a camminare a testa alta e a guardarmi intorno.

Bambino sul Floating Piers
Ho visto un uomo fermo su una panchina con un cartello al collo che cercava moglie.
Ho visto un segnale stradale che avvisava di un possibile “attraversamento gatti”.
Ho sentito l’elicottero che portava i turisti ad osservare dall’alto la passerella.
Ho visto i più ricchi prendere il sole sugli yacht a due passi da me.
Ho preso il quaderno e ho scritto, cosa che non facevo più da molto tempo.
Ho visto gente che faceva finta di essere felice di incontrare gli amici in mezzo al lago.
Ho visto la banda del paese che inondava di musica la passerella, e per una volta, ero concentrata a guardarla con i miei occhi, e non tramite uno schermo, tutta presa ad immortalare la musica per rivederla nei giorni successivi.
Ho mangiato guardando il lago, e non scrivendo su Whatsapp.
Ho visto persone lamentarsi degli addetti alla sicurezza che dicevano di stare lontani dall’acqua.
Ho provato a disegnare quello che avevo intorno e no, il disegno non fa proprio per me.
Ho visto le luci che piano piano rischiaravano la passerella.
Ho visto gli aerei diventare comete nel tramonto.
Per una volta, osservavo senza l’ansia di trovare la giusta angolazione e la luce adatta per uno scatto perfetto.
La sera tornata in camera, ho acceso il telefono e mi sono arrivate valanghe di notifiche.
Basta, le vedo domani, ho pensato. Oggi è il mio giorno senza tecnologia.

Floating Piers

Per chi si fosse preoccupato: il giorno dopo, magicamente, la reflex ha ripreso a funzionare!

 

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